Il museo contiene manufatti antichi appartenenti alla Chiesa, altri prodotti dalla Scuola di Anita Belleschi Grifoni (anni ’50) ed altri ancora di recente produzione. A Panicale l ’arte del ricamo su tulle viene introdotta dalla signora Anita Belleschi fin dagli inizi del XX Secolo e si qualificherà poi come “Ars Panicalensis “.Questo pezzo di storia locale si può leggere all’interno del Museo del Tulle a Panicale dove sono esposti pezzi appartenenti alla famiglia della Signora Belleschi e alla Scuola di ricamo, oltre ad antichi paramenti sacri. Anita Belleschi nasce a Panicale nel 1889. Ancora giovane perde la madre e viene affidata all’Istituto Sacro Cuore di Gesù di Città della Pieve, affinché ricevesse una seria educazione e dove apprese l’arte del ricamo. Erano i primi anni trenta quando Anita Belleschi Grifoni, già quarantenne, viene chiamata dalla Contessa Barabino di Lemura, per il restauro di un velo antico che la nobile definiva “veneziano” di Burano, ma forse di produzione francese. Quel velo, veneziano o francese che fosse, la ispirò e decise di recuperare l’arte del ricamo sul tulle prendendo esmpio anche dai numerosi esempi forniti dai pezzi antichi presenti nella collegiata di San Michele Arcangelo e in altre chiese locali. Nasceva così l’Ars Panicalensis. I disegni della signora Anita, di gusto ottocentesco, erano principalmente composti da motivi floreali arricchiti da grandi volute e festoni, o ancora composizioni di squisita eleganza con uccelli del paradiso tra rami fioriti, nodi d’amore, nastri, paesaggi, rondini, elementi campestri… Dalla leggerezza del disegno si intuisce il gusto di una donna colta e raffinata, con un grande senso estetico, da tutti ricordata con profondo affetto e stima. Aveva avviato un’arte che doveva diventare impiego per numerose “donne del paese” lasciate altrimenti alla sola cura della casa e dei propri figli. Un lavoro che doveva dare alla donne indipendenza economica e morale non ancora acquisita come “naturale”. La signora Anita era profondamente convinta delle potenzialità dell’Ars Panicalensis per cui decise di inviare a casa Savoia alcuni pezzi significativi a scopo promozionale. Anita realizzò insieme a sua figlia Maria Teresa Grifoni, l’abitino del battesimo per la principessa Maria Pia di Savoia, figlia di Umberto e Maria Josè. Grazie a questi contatti il ricamo di Panicale diventò celebre tra i nobili e le famiglie dell’alta borghesia. Vennero commissionati veli da sposa, tovaglie ed altri pezzi importanti destinati oltre che ai privati, alle ambasciate e al mercato estero. L’impresa della signora Anita non aveva come obiettivo il suo interesse personale ma piuttosto lo sviluppo di un tipo di attività che avrebbe permesso alle donne del paese di contribuire economicamente al bilancio familiare, realizzarsi nella sfera personale. In quegli anni le panicalesi ricamavano ovunque, nei giardini pubblici, nelle piazze nelle strade, sugli scalini delle case. I grandi lavori impegnavano gruppi di tre, quattro o più lavoranti che predisponevano con estrema cura il luogo del ricamo, pavimento o tavolo che fosse. La passione per l’Ars Panicalensis era contagiosa e riusciva a coinvolgere anche adolescenti per le quali l’ago da ricamo era il miglior passatempo del mondo. Qualcuna delle lavoranti continuava a ricamare anche di notte, incurante della scarsità della luce e della fatica del giorno. Inizialmente la scuola di ricamo aveva sede presso la ex scuola elementare, in via Roma al n.4, nelle vicinanze dell’attuale museo del tulle. Proprietaria dei locali era la Contessa Mancini Lemura che li aveva concessi gratuitamente e per questo le venivano donati con regolarità pregiati manufatti in tulle, eseguiti a turno dalle allieve. Anita era un’insegnante esigente pretendeva il meglio da tutte e quando il risultato non la deludeva, spazientita, pagava il lavoro e poi lo bruciava. Si racconta che per vedere meglio l’effetto glibale di un ricamo particolarmente grande veniva disteso il disegno lungo il bordo per osservarlo poi dall’alto di una finestra. Alcune delle sue allieve raccontano anche di come lei avesse sempre una parola gentile da offrire e di come la scuola diventò non solo luogo di lavoro ma anche di incontro e di amicizia per donne di ogni età che, fra risate, caffè e scherzi, realizzavano opere di alto artigianato. Donna instancabiule e volitiva la signora Anita (detta amabilmente “Sora Anita”) fu per Panicate una figura centrale, ideatrice di spettacoli, scrittrice di canzoni, regista e coreografa, presidente della Pro-loco, sempre portesa vesro la valorizzazione della sua città e dell’animazione della fascia più giovane. Ideò un balletto folcloristico il cui costume femminile veniva impreziosito da un grembiulino ricamato in Ars Panicalensis che la ballerina stessa aveva eseguito. Morì all’età di novant’anni ricamando fino all’ultimo il suo amatissimo tulle.